È forte la voglia di uscire dall’inverno, dal freddo pungente e dalle giornate dal cielo di piombo.
La prima occasione ci viene data in un frizzante fine settimana di inizio marzo.
Luce, tanta. Un teso borino che accende i pallidi colori dei boschi spogli e l’indaco che rende indefinito il limite tra Adriatico e cielo.
Il mare, finalmente. Lo cerchiamo il mare, e visto che è di casa, si fa presto a salire in sella e scorrere le rive. Il litorale sloveno prima e quello croato dopo il Dragogna. L’arenaria lascia il posto alla terra rossa. Si pedala lungo la ciclovia della Parenzana, e poi, superato il canale di Fontanigge, passate le saline, si devia per una delle tracce Istrabike in direzione di MonteRosso, Alberi, Valfontane e poi Salvore. La prua della nave istriana. la punta occidentale della penisola. Da questo trampolino di calcare nelle giornate terse si scorge la dirimpettaia laguna veneta, qualche campanile sull’orizzonte, qualcuno racconta di aver individuato pure S.Marco sull’altra sponda.
Una prima parte di sterrato con lo sguardo sul golfo di Pirano, le Alpi Giulie dietro, ancora imbiancate. Piccole strade minori, poi, sfilato il mega insediamento del lussoso Kempinski Hotel, lecci e cipressi ci annunciano Salvore.
La chiesa di S. Giovanni Evangelista con il suo bianco campanile. Il porto poi. Uno dei più attivi di questo tratto di costa. Pescherecci in riga, reti e nasse per portare a casa granseole, mormore, saraghi e pagelli. Alcune piccole trattorie lungo il porto. Qualche barca a terra sotto le mani di qualche vecchio “marangòn” (carpentiere navale specializzato).
Si pedala sul mare, a pochi metri dalla riva, nella pineta. Il profumo di salsedine è intenso. I fondali qui sono bassi, dentro gli anfratti si nascondono gronghi e corvine. Punta Salvore è luogo leggendario di battaglie e naufragi, esposto alla bora e alla violenta tramontana, restituisce ancora resti di anfore e relitti fin sotto la punta dove oggi si trova il faro.
È questo il faro più antico della costa adriatica orientale, progettato nel 1818 misura 36 m. di altezza.
Passiamo campeggi e ville sul mare, lasciata Bassanìa, superiamo Zambrattìa con i suoi numerosi ristoranti di pesce; lungo la riva sassosa coperta di ginestre spunta la penisola (isola, quando c’è l’alta marea) di Sipar. Quello che oggi scorgiamo sono le rovine del castello del V secolo. Ma già in epoca romana qui sorgeva la città di Siparis oggi praticamente sommersa. Da quell’epoca il mare ha guadagnato circa due metri portandosi via mosaici, cocci e pareti affrescate.
Si prosegue entrando nel complesso di Katoro prima e Stella Maris poi, dove d’estate si tengono gli incontri del Croatia Open ATP di tennis. Prima di arrivare a Umago ci concediamo un caffè caldo a Punta. Il sole allunga ormai il suo cammino, ma il vento teso da nord-est ci ricorda che siamo pur sempre a fine inverno.
La meta ora è Umago, già residenza estiva per i nobili romani, cittadina dal nucleo centrale di chiara impronta veneziana. Sono visibili parti di mura e di torri antiche, edifici e chiese, barocche e rinascimentali.
Grande l’offerta turistica estiva, qui il mare è pulito, adatto per il bagno da maggio ad ottobre.
La sera si avvicina e per il rientro seguiamo la traccia MTB13 fino al tracciato della Parenzana, sgusciando tra i campi e gli uliveti.
Si allungano le ombre. Il sole tramonta in un cielo magenta, la temperatura scende, ma oramai il giro di boa è compiuto, la primavera è lì ad un passo: un merlo abbozza un fischio flautato. La stagione del sole e degli amori per lui è già iniziata.
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