Quando cade un confine, anche se effimero, si ridisegna la piccola geografia sulla carta e nella nostra mappa mentale accade qualcosa di inaspettato. Nuove rotte si materializzano, vecchie strade e altri sentieri tornano a connettersi. Si riannodano i fili e si ricuce il tessuto umano. Si ritorna al dialogo, allo scambio di voci e di immagini, figure scomposte dalla frontiera calata da una storia inopportuna.
Le nostre strade ci portano a superare i piccoli valichi dismessi tra Slovenia e Croazia, vie minori, presìdi agricoli dove oggi solo una sbarra arrugginita e del filo spinato da rimuovere fanno ricordare il limes invalicabile di ieri.
Luoghi ai margini dei traffici, silenti e spesso abbandonati perché rimasti marginali e scomodi. Un promontorio che separa le valli della grande Dragogna dalla piana di Sterna.
Per raggiungere il paradiso bisogna salire, così si scala l’erta di Sant’Antonio, le piccole frazioni di Poletici, Galantici, Butari, borghi di vecchie case coloniche in pietra d’arenaria. Un capitello isolato lungo la strada di Gardena e, salendo ancora un po’, a quota 430 il Belvedur di Toppolo/Topolovec. La cima di un colle da cui si domina uno scenario meraviglioso.
Il panorama però oggi non c’è; in questi giorni di nebbie e nuvole basse, la cartolina a colori viene sovrapposta da un morbido muro color grigio cenere, in fondo possiamo intuire un orizzonte, le colline e il mare inghiottito dalla coltre bigia. Le cime delle Giulie che incorniciano il Golfo, che si abbraccia tutto nelle giornate di sole, dal faro di Barcola alle ciminiere di Monfalcone, alla laguna di Grado ed oltre. Tutto nascosto, così come si nascondono i villaggi sui colli Savrini, intervallati da profonde vallate. Trebese, Truske, Borst, Labor, Costabona da una parte e i colli di Momiano, Collalto e Buie dall’altra.
La strada è un serpente dalla pelle grigia e rugosa, ora tira a destra ora si contorce a sinistra e poi si impenna e si stende per tagliare campagne abbandonate o composti filari di viti e ulivi.
Siamo qui a cercare di riannodare insieme ai confini, le storie di questi luoghi.
Gli episodi qui raccontano di un rastrellamento, quando il secondo conflitto mondiale vive le vicende che porteranno agli ultimi mesi di guerra. Una battaglia per liberare queste terre dall’occupazione tedesca. Hrvoji-Kucibreg è il luogo dove a novembre del 1944 si spegne la vita del famoso battaglione ‘Alma Vivoda’, e dei suoi ragazzi, impegnati a resistere al ritorno delle truppe germaniche. Siamo qui a ricordare alcuni dei loro nomi di battaglia: Zaro, Tempesta, Ljubo, Nicki, Mario, Stefano, Branko, qui uccisi e tanti altri che furono presi prigionieri e condannati a ricevere un biglietto di sola andata per un campo di internamento in Germania.
Oggi vogliamo salutare qui questi ragazzi italiani, sloveni e croati, fratelli di un’Istria scomposta, ‘compagni inseparabili nella lotta e nella morte, che in fraterna unione, immolarono la loro vita per gli ideali comuni e perché in libertà noi potessimo vivere giorni migliori’. Così come recita l’obelisco in tre lingue che svetta nella radura isolata in cima alla collina di Cucciani/Kucibreg.
Il luogo rimane avvolto da un silenzio marziale, una quiete amplificata da queste nuvole basse che tutto nascondono e gelosamente sottraggono oggi alle vicende umane.
Qui non ci si giunge per caso, questa rotta non è segnata sulle guide stradali di viaggiatori veloci, è una nicchia del tempo che quegli avvenimenti e i nuovi confini caduti ieri hanno sottratto alla comunità.
La giornata compie il giro di boa e il nostro itinerario ci porta a superare nuovi valichi, anche questi fino a ieri proibiti, a raggiungere la valle del fiume Dragogna dal versante meridionale. Una traccia lungo una strada bianca che taglia una collina pettinata a vigneti.
Un fiume di ghiaia e di fango ci scodella giù a valle attraversando un bosco muto di farnie e roverelle.
La rotta ora ci spinge a scendere a nord, a ritrovare le strade consuete, quei luoghi confidenti che ci riaccompagnano a casa.
I pedali frullano come i pensieri che ci rimbalzano nella testa, pensieri che ritornano a quel 25 novembre, a quei diciotto combattenti della divisione istriana rimasti su quei colli a riposare, in buona parte giovani, ragazzi dal viso fiero e dagli occhi vividi che avevano promesso di ritornare a casa, di ritornare e di farlo da liberatori.
Le nuvole tornano a chiudere la breve finestra di luce, è questo il momento che invita le case ad aprirsi, ad accogliere un tuo fratello accendendo il camino, ad offrire una calda coperta aprendo una buona bottiglia e tagliando un pezzo del pane più buono.
Domani tornerà la primavera e presto risaliranno lassù a volare e a fischiare le rondini in amore.
ph. 2023 Massimo Battista
No Comments