Sembra di sentirlo ancora, socchiudendo gli occhi, l’odore dolce del legno bruciato attraversando l’altopiano della Ciceria, in prossimità dei pochi paesini spolpati che incontriamo. La legna accatastata coperta da uno strato di terriccio restituiva il carbone vegetale, preziosa merce di scambio per i pastori e contadini dei villaggi interni dell’Istria bianca. Caricati i muli con le sacche del nero prodotto, si recavano a Fiume, Capodistria e Trieste per vendere il loro piccolo tesoro.
Ora i pochi villaggi che si possono incrociare raccontano di un passato di stenti e di emigrazione. Tanti i tetti implosi e i focolari spenti, pochi uomini in giro spesso intenti a raccogliere legna nei sconfinati boschi prima che arrivi l’inverno denso, quello che lascia poche ore utili al lavoro nei campi.
È un taglio lungo la diagonale dell’Istria quello che percorriamo in un giorno di novembre sferzato dallo scirocco, partendo dal centro di Trieste. Il tempo di raggiungere la ciclabile G.Cottur a San Giacomo e poi salire la Val Rosandra oltre Draga verso Klanec, Presnica per affiancare su sterrato il tracciato del treno fino a Podgorje. Qui, puntando le ruote in direzione del vicino confine croato, saliamo la sottile lingua di asfalto screpolato che ci accompagnerà lungo il percorso solitario attraverso la Ciceria fino al mare, sopra la Liburnia. Poche le automobili che incrociamo in un paesaggio nudo e incredibilmente selvaggio. Volpi e poiane appaiono e scompaiono incuriosite nei lunghi tratti di solitudine attraverso boschi di faggio e doline.
È un viaggio di riflessione questo, di quelli che ti restano attaccati addosso, nel silenzio di una terra seducente, un po’ montagna, un po’ carso, dove ricambiamo il saluto di qualche contadino sul trattore incrociato nel nulla. Jelovice, Vodice e poi Mune, Zejane, minuscole frazioni di un territorio ai margini delle linee di comunicazione che portano dal golfo di Trieste al Quarnero. Poco più di 70 chilometri separano i due rami adriatici pedalando prevalentemente su asfalto, senza pendenze severe tra i cinquecento e gli ottocento metri di quota, con pochi ma intimi punti di sosta a Podgorje o Gelovizza. Ci si fionda poi su Abbazia/Opatija passando il bosco di Castua e planando in discesa sul mare. Davanti a noi le Absitrtidi con il profilo imponente di Cherso dall’altra parte del braccio blu del Kvarner.
La gita si chiude sul mare ma a pensarci bene, è qui che inizia il viaggio: imbarcare la bicicletta sulla motobarca e scendere a sud verso Lussino cercando il respiro del mediterraneo è un’esperienza unica. Una fresca Karlovacko presa su un terrazzo di agavi nel porto di Lussinpiccolo val bene l’impresa.
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