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Lungo la Parenzana: la foresta di Montona

Per conoscere meglio il tracciato della Parenzana, pubblichiamo l’interessante articolo di Diego Masiello (del Servizio del Corpo forestale regionale – Centro didattico naturalistico di Basovizza) su quella che viene chiamata la foresta di San Marco, ai piedi del colle di Montona in uno dei tratti più belli del tracciato. Con questo contributo continuiamo una collaborazione con l’amico Diego, che generosamente si è dato disponibile a collaborare con ViaggiareSlow, su progetti di divulgazione storico-naturalistica che coinvolgono anche i ragazzi delle scuole che partecipano ai nostri progetti.

 

Quando il tracciato della Parenzana da Portole comincia a scendere verso Levade lo sguardo si posa immediatamente sul fondovalle e sul fitto bosco che lo ricopre. Si tratta di una delle estensioni più vaste rimaste di quei particolari querceti acquitrinosi che negli ultimi millenni ricoprivano le pianure, dalle lagune alto adriatiche ai primi rilievi montani. Le prime notizie storiche che ci sono giunte affermano che il grande bosco della valle del fiume Quieto  era in possesso del Comune di Montona quando la cittadina, nel 1278, decise di seguire i destini di Venezia. Fu proprio la Serenissima a limitare questo possesso e riservare il bosco ai soli fini del suo Arsenale. Tagli, trasporti, vendite ed acquisti dei legnami furono regolamentati così severamente da prevedere addirittura la pena di morte con la forca per le inadempienze più gravi.

Dalla farnie del Bosco di San Marco, che ammontava a quei tempi a circa 1.700 ettari,  si ricavavano sia tavoloni segati, usati per la ricopertura esterna dei bastimenti o per altre lavorazioni subacquee, che legname curvo, adatto alla costruzione degli scheletri delle navi o di altre attrezzature di bordo. Anche i tavoloni di olmo e di frassino ossifillo venivano allestiti direttamente in foresta  con l’uso di grandi seghe mosse a mano da almeno due abbattitori. Il Consiglio dei Dieci eleggeva un Capitano della valle al quale spettava la responsabilità e il coordinamento sia del controllo del bosco, sia delle spedizioni del legname tagliato a Venezia. Grande attenzione fu posta al sistema dei canali di scolo (mlacche e curiottoli) ideato nel bosco per far defluire le acque in eccesso che inondavano  la valle ad ogni piena (montana) del Quieto. Nel 1777 Venezia stilò in lingua italiana e croata una completa regolamentazione dei boschi istriani e della foresta di Montona in particolare,  denominata Terminazione. Due anni dopo nuovi cippi vennero posizionati sui confini della proprietà che subì nel tempo alcune riduzioni di estensione. Dopo la caduta di Venezia del 1797 il bosco seguì le sorti dell’intera penisola istriana e fu amministrato nel tempo da forestali austriaci, francesi, italiani, jugoslavi  e croati, superando due guerre mondiali e alcune proposte di drastica riduzione di estensione, fortunatamente non andate mai a termine.

Oggi la foresta demaniale misura circa 1.200 ettari di  cui 292 tutelati integralmente dove sono previsti solo tagli fitosanitari. Nel resto del bosco, conosciuto oggi per l’abbondanza del rinomato tartufo bianco, sono previsti dei leggeri diradamenti che hanno lo scopo di riportare la vegetazione alla sua massima naturalità. E’ un bosco ad alta biodiversità vegetale e animale e rappresenta un’insostituibile oasi biogenetica al centro dell’Istria. Solo se riuscirete a comprendere lo  straordinario intreccio di storia, natura  ed economia di questa parte di valle, potrete proseguire verso Montona e, dalle sue mura, mirare ancora una volta dall’alto questo suo inestimabile tesoro. 

dott. Diego Masiello

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